L'articolo è tratto da questo sito:
http://www.plannedparrothood.com/articles/polyoma.html
Ho tradotto esclusivamente la parte riguardante la malattia nelle COCORITE.
INTRODUZIONE:
Il Polyomavirus aviare è uno dei patogeni virali più
importanti negli uccelli da voliera. Ogni anno provoca ingenti danni
economici a proprietari di negozi ed
allevatori. Questo virus ha una biologia complessa e ciò porta ad una grande
confusione riguardo alla sua prevenzione
e alla sua eliminazione nel momento in cui si manifesta.Anche nel mondo
della ricerca scientifica c’è parecchia confusione riguardo alla natura del
virus e al suo controllo . Le due visioni di questa disputa sono ben
rappresentate da un lato dal Dr. Branson Ritchie e dai membri del suo
team di ricerca, dall’altro dal Dr Jack Gaskin(Università della Florida),Bob Dahlhausen and Steve Radabaugh(riceratori in Ohio) e da me(David Phalen).
Dr Ritchie ha utilizzato vari forums per discutere le sue visioni e ritiene molto importante la
vaccinazione per controllare la malattia.
Dr Gaskin in una lettera all’editore del Giornale di
medicina e Chirurgia Aviare ha invece espresso alcune riserve riguardo
all’utilizzo del vaccino.
Altro oggetto della disputa
riguarda il valore del test e quale test utilizzare.
Questo articolo si propone di fare luce su alcuni aspetti di
questo virus che cominciamo a consocere
sempre di più.
DEFINIZIONE E STORIA
Il Polyomavirus è stato identificato nei primi anni del
1980 negli U.S.A del Sud Ovest e in Ontario,Canada,nelle cocorite.è stato
denominato Virus del Piumaggio delle Cocorite. È un dna non avvolto da membrana e basandosi sulla sua taglia,forma e contenuto di Dna è
stato classificato come PapovaVirus.
I papovavirus contengono
2 differenti famiglie di virus: polymavirus e papilloma virus. Con ulteriori
ricerche si è capito che si aveva a che fare con un polyomavirus .Più tardi si
è scoperto che questo virus può infettare altre specie di pappagalli e da
allora è stato chiamato Polyomavirus Aviare (APV). È molto diffuso e si trova
in quasi tutti i paesi in cui vengono allevati pappagalli.
Nelle cocorite la malattia e la morte riguardano solo pulli
di dai 10 ai 25 giorni.Gli allevatori si
accorgono del virus quando
all’improvviso c’è un’impennata nel numero di nidiacei morti nei nidi. I segni
dell’apv nei pulli sono variabili:solitamente i piccoli sperimentano un
percorso abbreviato della malattia. Alla morte i piccoli sono rachitici ed hanno
uno strano svilupppo delle penne ,un insolito colore della pelle ,distensione
addominale,ascite(fluido nell’addome),ingrossamento del fegato con aree
localizzate di necrosi epatica ed aree
sparse di emorragia.In alcuni casi il virus attacca il cervelletto e in quel
caso si manifestano problemi neurologici.Al microscopio,le cellule dei tessuti di questi uccelli mostrano corpi contenent virus in cellule di
organi di vari apparati:milza,fegato,reni, follicoli delle piume,
pelle,esofago,cervelletto e cuore.
Non tutte le cocorite infettate con apv moriranno.
Alcuni sopravvissuti non mostreranno mai apparentemente la malattia o segni di infezione; altri
falliranno nello sviluppo di penne primarie e secondarie e/o della coda, Questi
uccelli vengono denominati corridori e
questa forma si chiama comunemente MUTA FRANCESE. Un altro virus(PBFD) può
causare segni simili. Una o più di queste malattie può causare malattie delle
penne delle cocorite. Da altri studi negli Usa si è trovato che le cocorite
inglesi raramente vengono infettate dall’apv
anche se accasate con altri pappagalli che diffondono il virus.
Infezione e malattia non sono sinonimi : molti animali sono
infettati ma solo una certa piccola percentuale di questi animali mostrerà la
malattia. Se la malattia si svilupperà
dipende solo dalla specie del pappagallo,dall’età, dalla presenza di Pbfd e da
altri fattori ignoti. Un animale può essere infettato ma apparentemente sano :in quel caso ha
comunque il virus e lo elimina con le feci per un certo periodo. La lunghezza
del lasso di tempo con cui il virus
viene eliminato ed è contagioso dipende dall’età del pappagallo al momento
dell’infezione e della sua specie.
Come già descritto,
le cocorite inglesi sembrano avere una certa resistenza all’infezione da
apv. La malattia si manifesta meglio nei grandi allevamenti di cocorite americane dove gli uccelli sono
allevati in condizioni di sovraffollamento. Nidiacei ed adulti sono
suscettibili all’infezione ma la mortalità riguarda solo i pulli dai 10 ai 25
giorni. La mortalità dei piccoli è elevata e sfiora il 100 alla prima
introduzione del virus nell’allevamento; se non si interviene, nelle seguenti
stagioni riproduttive la percentuale di mortalità calerà ma la produzione di pulcini subirà una
flessione.
Le cocorite che sopravviveranno avranno uno sviluppo
anormale delle piume oppure sembreranno perfettamente sane. In ogni caso
diffonderanno il virus con la polvere di pelle e piume per circa 6 mesi dopo
l’infezione. La diffusione del virus si blocca con la maturità sessuale o al
primo ciclo di allevamento: l’infezione perciò si mantiene grazie ai nidiacei e
ai giovani pennuti. Appena dopo la schiusa i pulli vengono esposti al virus e
lo hanno in circolo nel sangue già dai 7 ai 10 gg di vita. Nidiacei e giovani
adulti sono fonti del virus per gli altri uccelli quando vengono venduti ai negozi o portati alle mostre. Si è
ipotizzato che la trasmissione di apv avvenga nell’uovo basandosi su due
osservazioni:
1) Sono
state osservate inclusioni intranucleari nei nidiacei ;ciò suggerisce che
questi pulcini sono stati infettati dal virus
PRIMA della schiusa
2) in una prova clinica,le uova
sono state rimosse da un gruppo di cocorite
in cui era presente il virus e
sono state offerte alle femmine in cova di un altro gruppo in cui l’apv non era
presente.
L’esperienza di questo
ricercatore comunque non supporta la sua conclusione perché:
1) non ho mai visto inclusioni
intranucleari in animali di meno di 7
giorni di vita
2) c’è un’altra possibile
interpretazione per il secondo esperimento: se le uova trasferite erano
contaminate col virus,allora i pulcini alla schiusa avrebbero potuto essere
esposti al polyomavirus. Inoltre le
femmine mangiano il guscio delle uova per cui potrebbero essere state infettate
e aver contagiato i propri piccoli.
In un documento che ho presentato ad Utrect,Olanda, ho
trovato ridotte concentrazione di dna apv in alcuni embrioni e in giovanissimi
pulli di cocorite.Anche questi dati hanno suggerito che avviene una
trasmissione del virus tramite le uova; questi uccelli hanno sviluppato la
malattia. In seguito,tuttavia,ho scoperto che uno dei reagenti era stato
infettato col dna virale .In
conclusione,secondo me, la teoria secondo cui il virus passerebbe tramite le
uova non ha molti elementi a suo sostegno.
Dr. Ritchie,citandomi, ha
affermato che le cocorite sono gli unici animali che restano fonte del virus
per tutta la vita;ha citato alcune delle mie pubblicazioni ma ne ha tralasciate
altre.
Nella prima pubblicazione, ho scoperto che il dna del virus può
essere reperito anche in cocorite di 4
anni; il virus era più elevato in
animali di 6 mesi, ma diminuiva in uccelli che si riproducevano per 4 mesi e
ancora di più in quelli che si riproducevano per 17 mesi.
Anche se tutti avevano il dna virale,non era chiaro se gli
animali più vecchi stavano diffondendo
il virus oppure no. Nel secondo studio perciò ho preso riproduttori più anziani
di cui sapevo che con certezza erano stati infettati, e li ho fermati dalla
riproduzione per 7 mesi. Questi animali poi sono stati fatti riprodurre e la
prole è stata monitorata : nessuno dei 107 nidiacei figli di questi animali
precedentemente infettati ha sviluppato la malattia.
Quindi si può concludere che le cocorite più anziane non sono fonte di dna virale e
anche se hanno concentrazioni del virus non lo diffondono.
CONNESSIONE APV-PBFD
L’apv infetta velocemente i pappagalli adulti , tuttavia il
99,9% degli infettati sono TOTALMENTE ASINTOMATICI:diffondono
il virus solo per un periodo di tempo ma non mostrano mai segni di malattia.
Eppure sono stati documentati casi di trasmissione orizzontale della
Polyomavirosi tra animali adulti : perché?
La risposta è che gli animali che da adulti contraggono l’apv
probabilmente hanno una immunosoppressione
dovuta ad un’infezione concomitante da
PBF.
È stata documentata un’esplosione del virus apv in una
voliera in cui erano rpesenti pappagalli adulti(Eclectus):tutti avevano anche
la pbfd. Stessa situazione si è verificata con cacatua adulti e di novo sono risultati tutti pbfd+. Nelle
esperienze dei ricercatori è risultato che
ogni volta che l’apv passa a soggetti
adulti,nella voliera è rpesente anche la pbfd.
Gli animali che hanno sia pbfd sia l’apv sono una fonte CONTINUA di polyomavirosi! Infatti gli affetti da
pbfd,come i malati di Aids, hanno un sistema
immunitario mal funzionante e quindi se
vengono infettati dall’apv non riescono a smaltirlo. Alcuni di loro
moriranno,altri saranno continuamente affetti da apv e lo diffonderanno senza
sosta tramite la pelle e la polvere delle piume , contaminando l’ambiente e i
nidi.
I TEST
Ci sono TRE tipi di test disponibili epr verificare se è in
atto un’infezione da apv; sierologia, Pcr su campioni di sangue,Pcr su campioni
cloacali.
SIEROLOGIA
esamina la parte liquida del sangue(detta plasma o siero)
alla ricerca di anticorpi che vengono
prodotti specificatamente in risposta ad UN virus,batterio o fungo.
Se un animale viene infettato dall’apv e
sopravvive,svilupperà gli anticorpi al
virus.
Gli anticorpi nelle cocorite vengono reperiti già dopo 9
giorni dall’infezione,mentre nelle altre specie si trovano solo dopo 2-3
settimane. La concentrazione di anticorpi aumenta velocemente,raggiungendo un
picco tra le 4 e le 6 settimane dall’infezione. Gli anticorpi possono essere
trovati nel sangue anche per mesi ed anni dopo l’infezione,a seconda della
specie. Nelle cocorite, resta sempre una titolazione anticorpale per mesi ,in molte specie di
pappagalli si trova anche dopo 2-3 anni.
Cosa ci dice la sierologia?
Nelle cocorite ci
dice che l’animale è stato infettato dall’apv. Se l’animale è un giovane
adulto(= NON maturo), probabilmente diffonde il virus. Se l’animale è un adulto in età riproduttiva, NON diffonde
il virus. Nelle altre specie invece ci dice solo se l’animale è stato infettato
ma non sappiamo se sta diffondendo il virus. Questo test negli scorsi anni è
stato adoperato impropriamente : l’autore è a conoscenza di persone che hanno
ceduto o ucciso i propri animali
sieropositivi, senza capire che essere
positivi non significa essere contagiosi.
Inoltre,non tutti gli
esami sierologici sono uguali;il test più usato è l’esame di neutralizzazione
del virus che misura sia le IgG sia le
IgM e sembra molto preciso; inoltre
esiste un test di fissazione del complemento
che però a differenza del primo rileva il virus solo nel 60% dei
casi per cui non mi sento di
consigliarlo.
PCR
La PCR(reazione a
catena della polimerasi) è un esame che ha un ruolo di primaria importanza nella diagnosi e nel controllo dell’infezione.
Questo test si accontenta di una minima concentrazione del Dna virale e lo
amplifica fino ad avere una concentrazione che è rilevabile.Bastano anche solo
10 copie del virus se il test è ben
eseguito! L’alta sensibilità di questo esame è sia il suo punto di forza sia il
suo punto debole perché anche la più
piccola contaminazione del campione( che può avvenire o nel momento in cui il campione è
prelevato o in laboratorio) può far sì
che un campione negativo risulti positivo. Quindi se si testano più animali,è
facile che un campione negativo venga contaminato dalla polvere delle piume o
dalle feci secche di un animale positivo.
Quale pcr è meglio?
Il primo a scoprire che
il dna del virus è reperibile anche in uccelli vivi è stato Frank Miagro dell’università della Georgia.
Lui e i suoi collaboratori hanno trovato che l’apv poteva essere scoperto in
strisci cloacali di animali apparentemente sani. In seguito gli scienziati
hanno migliorato e modificato questo test ,scoprendo che il dna virale può essere reperito anche nel sangue di animali recentemente infettati.Tuttavia
questo test è stato pesantemente criticato dal Dr Ritchie.
Sia la pcr da campioni cloacali,sia la pcr da sangue
individuano la gran parte degli uccelli che diffonde il virus.Quale
scegliere allora? N uno studio recente
abbiamo confrontato i test sierologici e questi due test pcr; usando i
test su 50 animali, ambedue le pcr hanno individuato tutti -tranne uno – gli animali
siero convertiti. Non tutti gli animali erano positivi ogni volta ai due test;in cacatua e conuri si
è trovato che gli uccelli che erano sempre positiv ialla pcr effettuata
sul sangue non sempre lo erano con quella effettuata su tamponi cloacali. Quando
il virus era eliminato dall’animale, la pcr su sangue si negativizzava
subito,mentre quella cloacale impiegava
altre 2-4 settimane. Perciò consiglio il test basato su campioni di sangue;
1) Se
l’animale è positivo,va testato nuovamente dopo 2-3 mesi
2) Se l’animale è negativo,lo si può tenere in quarantena altre 4 settimane e poi va
considerato non contagioso.
Viremia e diffusione del virus si
fermano quasi contemporaneamente.
NON è vero che un animale
testato con pcr e vaccinato col vaccino antipolyomavirus è positivo perché la sonda trova frammenti di
dna virale provenienti dal vaccino: se un animale risulta positivo è solo perché è infettato e sta spargendo il
virus!
PREVENZIONE NEGLI ALLEVAMENTI DI
COCORITE:
1) Assicurati
che l’apv non sia già presente;scegli un buon numero dei riproduttori e TESTALI
per vedere se presentano l’infezione
2)
tutti gli animali che entrano in allevamento devono essere negativi al test
3)
monitora e limita i movimenti in entrata ed uscita degli animali in
allevamento:
4) A)
se l’allevamento è commerciale allora
impedisci l’entrata a
negozianti,venditori di cibo, addetti
alle consegne e altri allevatori.I
giovani pulcini portati al venditore e riportati indietro non devono essere
immessi nuovamente in voliera
B)
se allevi cocorite da esposizione , allora devi quarantenare tutti gli animali
che vanno alla mostra fino alla fine
della stagione della mostra,per poi
testarli prima di immetterli nuovamente in colonia
C)
potrebbe in futuro essere disponibile un nuovo vaccino vivo-modificato per cocorite ,utile per
cocorite da mostra. In quel caso,gli animali che parteciperabno alla mostra
andranno immunizzati almeno un meseprima
dell’esposizione e comunque andranno testai al ritorno,finchè nno si è sicuri
della funzionalità del vaccino.
D)
l’uso potenziale del vaccino va provato e valutato,anche perché comporterebbe
ingenti costi e fatiche. Inoltre, aiuterebbe solo gli allevamenti in cui il virus è del tutto
assente.
TENERE IL VIRUS SOTTO CONTROLLO:
Il ciclo di infezione e malattia è
mantenuto dai giovani adulti (non
maturi) e dai ndiiacei che lo spargono,contaminando l’ambiente e i pulli che vengono infettati appena dopo
la schiusa. Per rompere questo ciclo,basta solo SMETTERE L’ALLEVAMENTO,rimuovere
i giovani dalla oliera e muovere gli animali già adulti in un nuovo ambiente
pulito. Dopo qualche mese e una buona disinfezione,gli animali possono essere nuovamente
fatti riprodurre.
Bisogna ricordare che è difficile
pulire nidi e altre strutture in legno;
può essere necessario l’uso di formaldeide gassosa che però deve essere
impiegata solo da qualcuno che abbia esperienza con questo agente ALTAMENTE
TOSSICO.
CONCLUSIONI:
Il polyomavirus aviare è un virus con un’ampia gamma di potenziali ospiti e la sua capacità di infettare e provocare la
malattia dipende dall’età dell’animale,dalla
sua specie , dal suo sistema immunitario e da altri fattori che dobbiamo
scoprire.Capirne la biologia è
indispesnsabile per capire come controllarlo;purtroppo spesso si fanno
affermazioni assurde riguardo alla sua sierologia e all’utilità del vaccino
anti apv. Queste affermazioni costano
tempo e denaro per essere smentite e
soprattutto creano confusione tra i veterinari e gli avicoltori. Spero che quest’articolo
possa servire per fare chiarezza
riguardo ciò che sappiamo del virus e ciò che sappiamo circa al suo
controllo. Indubbiamente bisogna ancora
continuare a svolgere ricerche per poter capire nuove informazioni circa l’apv,ed è per questo che bisogna esaminare
tutti i punti di vista e discuterli.
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